Il pneumatico d'Ellenico

Wednesday, August 08, 2007

Haiku di chiusura

Si ferma ora
Il greco pneumatico,
Alla dimora.

Polvere

Ancora il pianeta
Sul suo asse ruota,
Mentre vedo le galassie
Allontanarsi,
Lasciando tra loro
Un pianto di vuoto,
Mi riporta
Il vacuo moto del mondo
All'infanzia mia lontana,
Nella notte di vetro.


La caligine,
Portata da venti lontani,
Mi oscura loquace
Il ricordo.
Per questo, dimmi,
Abbiamo lottato e pianto?


Quando osservo il cielo,
E vedo un filo di luce
Trafiggere nubi ammassate,
La polvere turbina
Sul pavimento di legno,
Sento il galoppo impassibile
Dei nostri attimi,
E l'urlo dalle fauci digrignate
Della silenziosa Morte
E senza tempo.


Anela al Sole nascosto la mano,
Piangendo l'anima
Neri sussurri,
Ma altro non coglie
Che un vuoto frammento
Di nulla,
Tra qualche granello di polvere.

Notturno

Iridescenti lacrime piangono le stelle,
Nella fresca e brumosa serata invernale,
Traverso il vetro di lontano guardo,
E dolce cala dentro me l'oceano.

Haiku

E' solo un sogno
D'infinita dolcezza
Nel tuo sorriso.

Ogni parola dolce mi risuona

Ogni parola dolce mi risuona
Se di tue labbra è profferito un detto,
Ma l'anima un triste canto intona,
Se solitario una tua voce aspetto,
Nel cuore porto un doloroso affetto,
Della mia arte unica corona,
E della vita un dissestato assetto
Mi dà l'Amor che dentro me s'intròna.
Non ho più pace, né alcuna speranza,
In viver che di sé stesso ha difetto,
E spira in una vuota e vacua danza.
E' contristato e distrutto il mio aspetto,
Io credo quando solo in una stanza,
Piango di sotto a un disperato tetto.

Ogni emozione ed ogni sentimento

Ogni emozione ed ogni sentimento
Hanno in te la loro piena bellezza,
Non c'è in me più ragion né intendimento,
Solo un cuore che sanguina e si spezza,
Eppure dolce è lieto è ogni tormento,
Ed è sublime e bella ogni tristezza,
Altro non v'è se non d'Amore intento,
In chi ha ormai perso il sonno e la fierezza.
D'amorosa pasion questo m'è frutto,
Poemetto di dolore e di dolcezza,
Scritto sapendomi perso e distrutto.
Accetta dunque nella sua interezza,
Che senza te ho accantonato tutto,
Questo mio dono e questa mia carezza.

Sovra montagne dai rocciosi scogli

Sovra montagne dai rocciosi scogli
Pochi alti spirti sollevarsi sanno,
Arduo è sudar tra mille carte e fogli,
Per un esausto e inappagato affanno.


Ma visitar di antichi grandi i sogli,
Dove frementi scheletri essi stanno,
Porta chi aborra i mai fidati brogli,
Della Saggezza all'intarsiato scranno.


Tende la mano alla sicura guida,
Chiunque voglia accingersi all'impresa,
E sormontare l'aspra e dura sfida;


Così l'alma gli vien rapita e presa,
E fiducioso al condottier s'affida,
Perché sia illuminata tal via estesa.

Volgeva il volto

Volgeva il volto dal molle cuscino,
A un filo era legata la sua sorte,
Cordone ombelicale della morte,
Spendeva fuor la luce del mattino.


Quale ferita d'artiglio ferino,
Di sporche laceranti unghie ritorte,
L'espressione sua tal che mai ne ho scorte,
Bruciami in cor, e l'occhio piccolino,


Sangue di fuoco e di nere speranze,
Ricordo della notte di cemento,
E delle Chere le mortuarie danze,


Tristi parole mormorando al vento,
Fin posi al suo dolore in quelle stanze,
Staccai le spine, e d'altro non rammento.

I giorni della scuola

Nostalgico rammento dì lontani,
Dei tempi della scuola e degli amici,
Di quei curiosi giorni 'sì felici,
Ch'ancor ricordo come belli e sani,


E adesso guardo i segni sulle mani,
Lasciati da giorni duri e infelici,
Che attraversai fra trebbie e falciatrici,
Per nutrire me stesso ed i miei cani.


Ma adesso sento del dolore umano,
S'avvicinar la fine in mia vecchiezza,
E piange l'occhio, e trema la mia mano;


Per poco ancor nel mar della tristezza,
Vivendo vago, e nel tepor sovrano
D'un tempo ancora trovo la dolcezza.

Hans Giebelrath

Ispirata al romanzo di Hermann Hesse, Sotto la ruota.


Dolce passero dei prati fioriti,
Vollero farti volare lontano,
Un falso d'ideali costruiti,
Inculcarti col lor pensier malsano.
Nessuno tremar vide la tua mano,
Quando cadesti pei dolor sentiti,
Giacché eri un lebbroso e tra i rifiuti,
E tu spesso pietà chiedevi invano.
Oh! Ecco, seppi che tornasti in vita,
E che il lavor tentasti arduo travaglio,
Non vi trovasti poi gioia sperata,
Ed ecco piange l'alma tua spezzata,
Nel cuor del padre tuo leggier spiraglio;
Si sciolse in acqua l'alma tua ingiuriata.

Hermann Heilner

Vedo distintamente

Vedo distintamente il mio sentiero,
Svelarsi alla luce delle stelle,
Son fermo sul possente mio destriero,
Che dagli zoccoli crea luminelle.


In lugubre macchia d'inchiostro nero
La strada si muta di cose belle,
Giù, fino all'orizzonte del pensiero,
Dove arrivarono le caravelle.


Eppure sento il richiamo lontano
Della forza primeva e autoritaria,
Il forte Fato, possente sovrano,


Che con le braccia forti fende l'aria,
M'afferra un fremito d'angoscia vano,
Al triste segno della procellaria.

Omnes feriunt, ultima necat

Narrando i giorni quel divino labro,
Che racconta di noi tutti il destino,
Sotto il pungente freddo del mattino,
E' vacuo il cielo e terso e l'aere scabro.


S'affaccia al cielo dell'Aurora glabro
Il viso orben terribile e ferino,
Poiché essa annunzia un altro giorno, infino
A che si spenga il nostro candelabro.


Già scorsa di mia vita è larga parte,
A tanto sospirar quale mercede?
Le ore, roventi spade di Marte,


Che premono chi ormai più nulla chiede,
Chi senza speme giace ormai in disparte,
Clementi sian con chi al silenzio riede!

Il nero canto delle pareti verdi

Spargono al cielo ruvidi lamenti
I verdi campi e le plaghe deserte,
Tutti irritati e d'invidia roventi,
Così i noccioli e le violette esperte,


Un bocciol sorge su contrade erte,
Dai bianchi petali dolci e fiorenti,
Riluce il Sole su vallate aperte,
Disponendosi il fior ai dì splendenti,


L'inonderà il sole del suo raggio,
Candido sovra gli altri fior sovrano,
Inebrierà il profumo al solo assaggio,


Che renderà chi è triste lieto e sano,
Infonderà al più debole il coraggio,
Felice è questo dir alla mia mano.

Forzar la soglia

Forzar la soglia al pantheon degli artisti,
Recando sottobraccio il vello d'oro,
Accolto da Virgilio e Artemidoro,
Gioire ai banchetti in sogni visti,
Vasi con decorate statue misti,
Che creano all'occhio e al cor dolce decoro,
E vien servito a mensa ampio ristoro,
Mentre ad un'angelica danza assisti.
E non rimane che soddisfazione,
Gioir della terrena operazione,
Aver tanto banchetto meritato,
Dopo avere nell'arte lavorato,
Lasciando in terra un capolavoro,
Che per sempre rimanga di decoro.

Il cuor gioisce

Il cuor gioisce ed è l'animo sveglio,
Se il sorgere solar tanto mi rende,
Se degli uccelli al tenero risveglio,
La tenebra notturna luce fende.


Così studio di scriver sempre meglio;
Ma l'affanno dell'anima sorprende
Studi sui quali senza posa veglio,
Speranzoso nel lauro che risplende,


Ma la natura e gli alberi slanciati,
E il bello che noi abbiam dimenticato,
Ci sono ancora, e sono addolorati,


Nel loro grande amore bistrattato,
E tutti i doni semplici e ignorati,
Ai quali il nostro occhio è ormai sguerciato.

Navi sotto le stelle

Non è rimasto altro
Che stelle nel vuoto incrinate.
E un deposito di elettroni
Nel cieco vicolo.


Ricordi le sagome chiare
Delle navi all'orizzonte illuminate?
E la vertigine solare
Giungere dalle vele ammainate?


Ora il buio sovrasta
Un immobile mare,
E la Luna si specchia
Sopra ruvide increspature.


Volano al cielo lontano
I tenui sussurri dei pini,
Inquieto ristà nella notte
Il vacuo parlare dei venti.

Singulto

Lacrima il vento disperdendosi
Nella notte degli amori cartesiani:
La vita perduta del poeta
Nella pioggia torrenziale.


La bianca torre stagliantesi
Alta verso il cielo,
S'incrina e crolla nel fumo
Di un'altra sigaretta.


Il giardino è disfatto dai rovi,
Ne uscimmo lasciando l'aureo manto
Agli aculei degli scorpioni,
Agli artigli dei grifoni.


Ho visto le cupe montagne
Sferzate dal tuono fuggente,
Che dentro portiamo,
Noi, tristi e sperduti nel mondo.

Fantasia

Tra alberi, foreste, e verdi fronde,
Fu un giorno che venire deve ancora,
Tra di torrenti e fiumi l'auree sponde,
Mi ritrovai a fissar la mia dimora.


Il Sole si frangeva sulle onde,
Di un mar sospinto da soffici venti,
Ed alle nuvole in cielo rotonde
Salivano dell'acque i dolci accenti.


Ma in seguito ci fu fragor di tuono,
A cui seguirono fiamme roventi,
Le quali, infra il sibilo e il frastuono,
Parevan quasi spire di serpenti.

La battaglia di Salamina

Sconvolge il ridondar di cupo tuono
Il nero della notte, di tempesta,
S'erge dal monete il rilucer del trono
Su d'alberi maestri la foresta.
Si specchia il plenilunio dentro il mare,
Tingendosi il satellite di sangue,
Saliva al cielo il fervido clangore,
Finché il volto del Re divenne esangue.
S'alzò fuggendo dall'impervio calle,
Il regio scranno un lampo frantumava,
Le schegge avvamparono sul colle,
La Libertà la Tirannia vinceva,
Così tremò roboando ogni valle,
E gran massacro poi ne rimaneva.

Il fantasma

Clang-krack-Clang
Ciglan le catene del fantasma
Krack-clang-Krack
Scricchian i suoi passi nel marasma
Fff-hhh-Fff
E s'ode di sua asma il soffio fitto
Hhh-fff-Hhh
Nell'antico cimitero del soffitto.

Il Prometeo liberato

Fui sottoposto al giogo di Prometeo,
Ricordo alle mie braccia le catene,
La fronte stanca, l'occhio grigio e vitreo,
Già perse ormai le speranze serene;


Quindi i sussulti e le scosse terrene,
I lampi e la pioggia, grave cagione,
Furon del mio dolor e di mie pene,
Tòcchi dall'ala dell'umiliazione.


Ermi ora giacciono quei ferri,
Che da tempo, soddisfatto, ho dimesso,
Finché non venga il vento e li sotterri,
Ché alla libertà ho avuto accesso.


Calcato dal sicuro e fermo passo,
E' il mio sentier verso le sacre torri,
Cui il falco guarda dal mio braccio stesso;
Vai falco, per guardare ad esse accorri.

Il vascello

Splendente sole, illumina l'oceano,
Dove galleggia il veliero dei sogni,
Che viaggia in quei meravigliosi regni,
Vascello fantasma in quel mondo 'sì strano.
Vascello di ghiaccio, ghiaia e cemento,
Sei dalle vele di candida seta,
Dai finimenti di rigida creta,
Le triste menzogne sono il tuo vento.
Ma il Grande Mare si muta nel nero,
In poderosa cascata si tuffa,
Nel regno dell'Ade, nel sommo mistero.
Ora, o legno, or crolla davvero!
Mentre l'oceano del tuo cuor s'abbuffa,
Or spaccati a pezzi nel tuo cimitero.

L'opra intesa

Sedendo e lavorando all'opra intesa,
Ché il guardo volse a me l'umana arte,
Tentar volli redarre somme carte,
E in parte qui fu gioventù mia spesa.
Ma l'alma mia ne venne poi divisa,
Fra il tempo bello e le speranze assorte,
Potrebbe a me venir precoce morte,
E certo non potrei opporle difesa.
Pur di dolore ormai consunto è l'occhio,
E dell'angoscia saturo il pensiero,
Dell'altrui gioia in me non vidi specchio,
Perché scelsi un difficile sentiero;
Così prima del tempo ormai son vecchio,
E quanto cerco non so se sia vero.

Poesia del silenzio

Vano tentativo di parlare,
Poiché chiusa è la mia bocca e sigillata,
Ho consumato tutte le mie lacrime,
Or altro non mi resta che i miei versi.

La presenza

S'avverte nella notte la presenza
D'un'arcana ed antica potenza,
I cui occhi lampeggiano infòcati,
Nella sagra dei termini inventati.
Apocalisse d'umana fantasia,
Rispecchia l'anima della poesia,
Manda in frantumi il cielo e la terra,
Ed il fuoco dell'Amore dissotterra.
Lapide azzurra di tomba d'asbèsto,
Nostalgica tomba d'un Re sepolto,
Ora trionfa sul grande dissesto,
Invade il campo il morto dissepolto,
Invade questo mondo triste e mesto,
Per conquistar quanto gli venne estorto.

La mia casa

Se come la mia dimora
Il mio spirito è vasto,
Se l'intero universo
E' la mia casa,
Allora il mio animo
Non ha confini.

I Normanni

I.

Avanza veloce sul fiume la chiglia,
Mettete al riparo la vostra famiglia,
Sbarrate gli usci, chiudete le porte,
Giacché vi si appressa la nave della morte.
La luna è gia alta, e l'acqua scintilla,
Si spezza e frantuma, è tutta in favilla,
Avanza la prora di legno intarsiato,
Dei tristi predoni, inattesa sciagura,
Ovunque il terrore essi hanno instaurato,
Ché portan la nebbia, li segue sventura.


II.


Scintillano al Sole corazze lucenti,
Mentre la gente, che prega tra i denti,
Chiusa nei miseri tuguri sporchi,
In loro vede le torme degli orchi,
Deserto è il giorno, deserte le strade,
Ormai devastate di antiche contrade,
Scendono crudi da navi imponenti,
I volti decisi nel far strage grossa,
I volti decisi, i volti violenti,
Dall'occhio duro, dalla carne spessa.


III.


Si stagliano ora le navi ormeggiate,
Mentr'essi avanzano a spade sguainate,
Rimbalzano i raggi del Sol sulle lame,
Che vengon da un Nord di carestia e fame;
Gli usci forzati, le porte sprangate,
Il sangue a fiumi, le donne stuprate,
I fumi dei fuochi si innalzano ai cieli,
I fiori recisi, i divelti steli,
Tal disastro han lasciato, disastro e rovina,
Ed or se ne vanno, nell'aurea mattina.

La canzone degli addii

Questa poesia è dedicata a tutti i malati di A.I.D.S.


Parto per un viaggio,
In cui tu non mi puoi seguire,
Parto per un viaggio,
A cui mai ti vorrei invitare,
Parto per un viaggio,
Da cui non si può ritornare,
Parto per un viaggio,
Non so se vedrò il prossimo Maggio.


Perché ho una malattia
Di quelle che non perdonano,
Perché ho una malattia,
Di quelle che non ti perdonano,
Non ti dicono niente ma
Ti puntano col dito,
E mormorano cose quando tu sei avanzato,
E' questo che fa male di più,
E' questo che mi fa male di più.


Parto per un viaggio,
In cui tu non mi puoi seguire,
Parto per un viaggio,
A cui mai ti vorrei invitare,
Parto per un viaggio,
Da cui non si può ritornare,
Parto per un viaggio,
Non so se vedrò il prossimo Maggio.


Perché la nave è già in porto,
Solo dolore vi ho scorto,
Perché la nave è già in porto,
Forse non sono stato accorto,
Per questo solo vorrei dire,
Che sempre ho saputo amare,
Ma ho trovato difficile farlo sapere,
E' questo che fa male di più,
E' questo che mi fa male di più.


Parto per un viaggio,
In cui tu non mi puoi seguire,
Parto per un viaggio,
A cui mai ti vorrei invitare,
Parto per un viaggio,
Da cui non si può ritornare,
Parto per un viaggio,
Ora so che non vedrò il prossimo Maggio.


Perché ho una malattia,
Di quelle che non si curano,
Perché ho una malattia,
Di quelle da cui non ti salvano,
Nessuno dice niente quando ci sei,
Nessuno ha pietà quando non ci sei,
Ma tu non giudicarli, hanno paura,
E' questo che fa male di più,
E' questo che mi fa male di più.


Parto per un viaggio,
In cui tu non mi puoi seguire,
Parto per un viaggio,
A cui mai ti vorrei invitare,
Parto per un viaggio,
Da cui non si può ritornare,
Parto per un viaggio,
Parto per un viaggio....

A mio nonno

Non era un galantuomo,
Non era un arrivista,
Soltanto un pover uomo,
Soltanto un socialista.


Ma un socialista vero,
Sincero di pensiero,
Gridava ai signorotti:
- Sia gloria a Matteotti.


Soffrì pene tremende,
Atroci pagò ammende,
Avendo un gran coraggio,
Sua sorte volse al peggio.


Urlavano i fascisti,
In schiere di squadristi,
Picchiavano i bastoni,
Fra le esclamazioni.


Un uomo solo in piazza,
Di così gracile stazza,
La veste ormai consunta,
E l'espressione smunta,


Cantava fragoroso
Un inno doloroso
Di libero pensiero,
D'un volere fiero:


- La libertà ci viene,
Dall'esser sempre insieme,
Per la nostra libertà,
Senza di cui nulla si dà. -


Mai l'ho conosciuto,
Il padre ne ha parlato
Fiero ai figli cari,
Pensò pensieri amari.


Ma tu lettore attento,
Se sei a capire intento,
Saprai che uom fu questo,
Grande, triste e mesto.


Dipende la tua libertà
Sol dalla tua volontà,
Ricorda, a esempio trarre,
Del còr che vollero estòrre.