Omnes feriunt, ultima necat
Narrando i giorni quel divino labro,
Che racconta di noi tutti il destino,
Sotto il pungente freddo del mattino,
E' vacuo il cielo e terso e l'aere scabro.
S'affaccia al cielo dell'Aurora glabro
Il viso orben terribile e ferino,
Poiché essa annunzia un altro giorno, infino
A che si spenga il nostro candelabro.
Già scorsa di mia vita è larga parte,
A tanto sospirar quale mercede?
Le ore, roventi spade di Marte,
Che premono chi ormai più nulla chiede,
Chi senza speme giace ormai in disparte,
Clementi sian con chi al silenzio riede!
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